Dordoni Giuseppe

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IMMAGINI

Giuseppe Dordoni, detto “Pino”, nasce a Piacenza il 28 giugno 1926. Egli è stato un marciatore italiano, campione olimpico della 50 km a Helsinki 1952 stabilendo la miglior prestazione mondiale con un favoloso tempo di 4 ore, 28 minuti, 07 secondi e 8 decimi (battuto solo nel 1960).

La carriera


Da piccolo Giuseppe Dordoni aiuta il padre facendo il meccanico, poi diventa fattorino presso l’associazione commercianti di piacenza. Orfano di madre e con un padre invalido, durante la guerra si schierò con la Repubblica di Salò e passò 6 mesi nei campi di concentramento di Tombolo e di Coltrano. Dordoni inizia nel ’41 con la corsa campestre ma, grazie anche all’ex marciatore e suo allenatore Guido Rizzi, passa poi alla marcia e all’età di 15 anni vince a Modena una gara organizzata dalla Gazzetta dello Sport. Nel frattempo gli anni passano e l’atleta naturalmente cresce e non soltanto fisicamente, ma prende parte a svariate gare aumentando le sue prestazioni, diminuendo i suoi tempi e perfezionando la sua tecnica.
Partecipa ai giochi Olimpici di Londra 1948 posizionandosi al nono posto su una gara di 10km e dopo questi giochi decide di passare alle distanze un po’ più lunghe, tant’è vero che nel ’49 vinse 39 volte in gare dai 3 ai 100km, tra cui quella, di 100km, organizzata dalla Gazzetta dello Sport che all’epoca era la gara di marcia più famosa d’Italia. Esattamente un anno dopo (nel 1950), hanno luogo a Bruxelles i Campionati Europei di atletica leggera ed è qui che Dordoni vince il titolo di campione d’Europa alla gara di marcia di 50km tagliando il traguardo con un tempo di 4h 40' 42"e 6 decimi.
Nel 1952 si disputano a Helsinki i giochi olimpici estivi, i quali vedranno la partecipazione di Pino Dordoni alla gara di 50km di marcia che avrà luogo il 21 luglio. In quell’occasione egli arrivò in Finlandia dopo un viaggio in treno durato 52 ore, durante il quale il medico degli azzurri della canoa gli curò le unghie dei piedi che a causa di un’infezione gli erano state tolte qualche giorno prima. Ma poi, in gara, Dordoni fu più forte anche del dolore, delle ferite e delle bende. A quella gara partecipavano, fra gli altri, due grandi come lo svedese John Ljunggren e il ceco Josef Dolezal. Da una sua dichiarazione, l’atleta racconta: "La gara fu bellissima: temevo lo svedese Ljunggren, vincitore quattro anni prima a Londra, e infatti scappò via subito. Lo raggiunsi al 18° chilometro, lottammo spalla a spalla fino al 35°, poi lui cedette al 40° lasciandomi via libera".
In effetti, in quella gara, trionfa classificandosi al primo posto stabilendo la miglior prestazione mondiale (4h 28” 07’ 8d) con un tempo di distacco dal secondo classificato pari a 2’ e 10”. Fu quella una vittoria inattesa, tant’è vero che nessuno sperava nella sua vittoria ed essa avviene festosa in nome degli Italiani. Tuttavia l’atleta, tornato a Piacenza, non riceve molti festeggiamenti dai suoi compaesani perché tra lui e i suoi concittadini non corre buon sangue da quando, appena adolescente, si arruolò nella RSI. Parteciperà poi ad altri 2 giochi olimpici, quelli di Melbourne del 1956 dove si posiziona al nono posto su una gara di marcia di 20km e quelli di Roma del 1960, dove taglia il traguardo in settima posizione in una 50km di marcia. Dopo questa sua ultima olimpiade (quella di Roma), “Pino” Dordoni si ritira, ponendo fine alla sua lunga e significativa carriera agonistica. Durante questa sua carriera egli ha ottenuto 11 titoli nazionali sulla 10 km di marcia (1946/47/48/49/50/51/52/53/54/55/57), 6 titoli nazionali sulla marcia di 20 km (1952/53/54/55/56/57) e 5 titoli nazionali sulla marcia di 50 km (1949/50/52/53/54); Ha partecipato inoltre a 4 Olimpiadi e 3 Campionati Europei possedendo un medagliere su gare internazionali che conta 1 oro a Giochi olimpici, 1 oro ai Campionati Europei e 2 ori ai Giochi del mediterraneo, una manifestazione sportiva alla quale prendono parte tutte le nazioni che si affacciano sul mar Mediterraneo.
Facendo un conto totale, in tutta la sua vita gareggio 600 volte vantando 502 vittorie per un totale tra allenamenti e competizioni pari a 350 mila chilometri (poco meno della distanza che separa la Terra dalla Luna). Dal punto di vista stilistico viene ancora oggi ricordato come uno dei marciatori più “belli” della storia della disciplina, tant’è vero che i suoi filmati furono studiati, non solo in Italia, per analizzare i segreti della sua perfetta tecnica di marcia. Durante tutta la sua lunga carriera non faceva infatti che mettere in pratica uno dei suoi motti: <<Innanzitutto ci vuole stile, perché la tecnica si può anche imparare”. Questa sua attenzione quasi maniacale verso “l’impostazione” la spiegava anche col fatto di essere rimasto troppo amareggiato “dal camminare scorretto di molti dei partecipanti alla gara delle Olimpiadi di Londra”, quella dove si piazzò nono.

Dopo il ritiro


Dopo essersi ritirato dallo sport attivo, divenne un abile tecnico: dal 1962 fino alla fine degli anni 80 fu responsabile della nazionale italiana di marcia e in questa veste partecipò ad altre sette edizioni dei giochi olimpici, contribuendo a far nascere e crescere la grande scuola della marcia italiana. Finita questa sua attività, rimase alla Federazione Italiana di Atletica Leggera (FIDAL) come membro della divisione organizzazione. In campo internazionale, fece parte della commissione mondiale della marcia. Il frutto migliore della sua attività di tecnico fu il lancio di Abdon Pamich, considerato il suo vero grande erede. Su proposta della Presidenza del Consiglio dei ministri, il 2 Giugno 1981 a Roma, gli viene conferita l’onoreficenza di Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Muore per un tumore linfatico il 24 ottobre 1998.

Fonti