Waldir Pereira (DIDI)

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IMMAGINI

Pereira Waldir, meglio noto con lo pseudonimo di Didi, (Campos Dos Goytacares, 8 ottobre 1928 – Rio de Janeiro, 12 maggio 2001) è stato un calciatore e allenatore di calcio brasiliano.
Soprannominato Mr. Football e per la sua eleganza, O Principe Etiope.
Centrocampista di grande talento, Didi, è stato il più grande playmaker della storia calcistica brasiliana.
Tra il 1954 e il 1962 partecipò a tre edizioni dei Campionati Mondiali di calcio, vincendo le ultime due da protagonista, e in Svezia 1958 fu giudicato miglior giocatore del torneo;
Con la nazionale di calcio brasiliana registrò 74 presenze segnando 21 gol;
Con le squadre di club registrò complessivamente 313 partite e 113 gol;
Considerato uno dei maggiori calciatori brasiliani di tutti i tempi, nel 2000 fu inserito nella Hall of Fame della FIFA, ed occupa la 19ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del ventesimo secolo, pubblicata dall' IFFHS (federazione internazionale di storia e statistica del calcio) nel 2004;
Marcò il primo gol della storia nel famoso stadio Maracanã, in una partita tra una selezione di giocatori dello Stato di Rio de Janeiro ed una di quello di San Paolo.
Morì il 12 maggio 2001 all'età di 72 anni, dopo aver contratto la polmonite per complicazioni derivanti dal cancro intestinale.

Biografia


Nato in una favela a 150 km da Rio de Janeiro, nel 1949 sposò Maria Luisa Negrinhao, dalla quale ebbe una figlia. Portò grande scandalo all'interno della Fluminense quando lasciò la prima moglie e la figlia piccola, per unirsi alla cantante e attrice Guiomar, sposata nel 1951 e dalla quale ebbe una seconda figlia.

Caratteristiche tecniche


Giocatore carismatico sebbene taciturno, Didi fu un centrocampista dalle spiccate attitudini offensive, le quali tuttavia non gli impedivano di offrire il proprio contributo alla fase difensiva, seppur mal volentieri. Accusato di scarso dinamismo e di essere troppo vecchio per giocare nei campionati del Mondo del 1962, il fuoriclasse trentatreenne, con la sua consueta eleganza, rispose ai media dicendo «è la palla che deve correre, non il giocatore». Didi eccelleva pertanto nell'effettuare precisi lanci lunghi con i quali serviva il pallone al compagno meglio posizionato sul rettangolo di gioco, pensando la giocata prima di eseguirla, oltre a essere un superbo esecutore di calci di punizione; questi venivano calciati con la celebre tecnica denominata Folha seca (in italiano "foglia secca"), un tiro diretto e di media potenza. Questa famosa tecnica consiste nel calciare la palla con l'effetto per farla cadere all'improvviso e imprevedibilmente, proprio come una foglia che cade dall'albero in una giornata autunnale. La genesi di tale colpo fu fortuita, dacché il calciatore, accusata una contusione durante una partita contro l'América nel 1956, trovò che l'unico modo per non sentire dolore consisteva nel colpire il pallone al centro con solo tre dita del piede, conferendo allo stesso un particolare effetto.
L’intelligenza di Didì era per certi versi strabiliante. Vedeva sul campo movimenti che nessun altro poteva vedere, effettuava passaggi su traiettorie ritenute impossibili e intercettava la palla perché era costantemente due passi avanti rispetto agli altri. Nemmeno uno come Pelè riusciva sempre a capire cosa Didi riuscisse a fare in campo: “A volte era troppo intelligente...A volte fintava un passaggio da una parte per poi incrociarlo dall’altra. Capitava che ci confondesse e gridava: no, idioti, sto cercando di confondere l’altra squadra!” Esemplare che dopo il fischio finale della finale in Svezia, era di Didì la spalla sulla quale piangeva il giovane Pelè, un’immagine diventata un’icona.
Queste caratteristiche lo resero uno dei calciatori più forti della sua generazione e, considerando le innovazioni da lui introdotte, di tutti i tempi. Combatteva l’idea che il calcio fosse una lotta tra chi è più potente: “L’intelligenza umana e la capacità di ragionamento ci distinguono dagli animali” disse una volta. “Allora che cos’è un giocatore che dipende esclusivamente dalla sua forza fisica?”. Questo suo modo di intendere il calcio gli causò non pochi malintesi nel corso della sua carriera. Più volte, infatti, capitò che la sua calma ed eleganza venissero scambiati per pigrizia e mancanza di carattere. Ripensando al suo periodo con il Real Madrid subito dopo i Mondiali del 1958, disse: “Il pubblico spagnolo ama i calciatori che vanno in tackle ed abbattono gli avversari, ma io non ho mai fatto un tackle...perché dovrei farlo quando posso smarcare e mettere a reti i nostri attaccanti?”.

Carriera


  • Giovanili

Capire bene il suo carattere significa capire bene il suo passato. Didì crebbe povero, giocando a pallone sulla terra battuta di Campos, una favela fuori Rio. Non ci sono regole giocando a calcio in una favela: se non sei quello che calcia la palla sei quello che viene preso a calci, devi imparare in fretta. Didì a 14 anni rimediò una brutta ferita al ginocchio durante una di queste partite. Questa provocò una brutta infezione, tanto da costringere i medici a pensare seriamente all’amputazione della gamba. Fortunatamente per il Brasile e per la storia del calcio, questa scelta venne scartata ma Didì passò i successivi sei mesi su una sedia a rotelle prima di riprendersi completamente dall’infortunio. Questa esperienza portò Didì ad odiare l’idea che la fisicità e l’aggressività potessero dominare nel calcio. Quell’idea gli era costata quasi una gamba, gli aveva quasi precluso la possibilità di uscire dalla favela e dalla povertà. Dimostrò grandi capacità di recupero dall'infortunio e dopo sei mesi in sedia a rotelle, tornò a giocare: nel 1943 fu tesserato nelle giovanili del São Cristóvão, passando poi per Industrial, Rio Branco e Goytacaz.

Club e Nazionale


La carriera professionistica iniziò nel 1946 firmando con l'Americano de Campos, a sedici anni, due anni dopo l'infortunio. Nello stesso anno firmò con il Lencoense nonostante fosse ancora sotto contratto con l'Americano: quest'ultimo club lo richiamò in squadra. Passò al Madureira, poi nel 1947 si accordò con la Fluminense con il quale vinse il Campionato Carioca nel 1951 e la Copa Rio nel 1952.
Nel 1950 il suo talento era già noto in Brasile, nonostante ciò, fu ritenuto troppo giovane per partecipare al campionato del mondo nel 1950, venendo escluso dalla rassegna.
In compenso, giocò la partita inaugurale al neonato Stadio Maracana tra Rio XI e San Paolo XI, giocando per i primi e realizzando la storica prima rete dell'impianto. Didi esordì in Nazionale nel torneo panamericano del 1952; disputò il sudamericano del 1953 (cinque le presenze) e il Mondiale di calcio un anno più tardi in Svizzera, dove la Seleçao fu eliminata dall'Ungheria della squadra d'oro di Ferenc Puskás dopo la cosiddetta «battaglia di Berna»
Nel 1957, trascorsi sette anni al Fluminense, per due milioni di cruzeiros, una delle cifre più alte dell'epoca, passò al Botafogo, raggiungendo le altre leggende brasiliane Garrincha e Nilton Santos. Nel nuovo club contribuì a formare un formidabile spirito di squadra e a conquistare il Campionato Carioca (da ricordare un memorabile 6-2 proprio ai danni del Flu) e, come promesso precedentemente in caso di vittoria, percorse a piedi il tragitto che andava dalla propria casa alla sede del Botafogo. Il Brasile ebbe accesso al successivo Mondiale del 1958 in Svezia grazie ad un suo gol su calcio di punizione contro il Perù nella fase eliminatoria, risultando poi vincitore della manifestazione, della quale Didi fu eletto miglior giocatore; in occasione della finale contro la Svezia, il giornalista francese Gabriel Hanot contò quarantotto passaggi da lui effettuati ed andati a buon fine, forte del rivoluzionario 4-2-4 ideato dal Commissario Tecnico Feola, di cui Didì era il fulcro. Qui la sua intelligenza gli consentiva di spezzare gli attacchi avversari per poi, cosa non comune per quei tempi, creare ripartenze diaboliche grazie ai suoi passaggi millimetrici. In Nazionale condivideva il centrocampo con l’energico Zito con cui si completava a meraviglia. Il Brasile sbaragliò la concorrenza in Svezia con un crescendo di gioco e risultati culminati con il doppio 5-2 in semifinale contro la Francia e in finale con i padroni di casa. Gli svedesi si erano clamorosamente portati in vantaggio con Liedhol già al quarto minuto di gioco, Didi dirigendosi lentamente verso la sua porta, mise la palla sotto il braccio e ritornò tranquillamente verso il centro del campo tra l’esultanza degli svedesi e le facce esterrefatte dei brasiliani. Le parole che disse ai suoi compagni lasciarono il segno: “Calma, siamo migliori di loro e rovesceremo presto il risultato”.
I fatti gli diedero ragione: il Brasile pareggiò solo quattro minuti dopo, poi arrivarono altre quattro reti che consacrarono i verde-oro campioni del mondo per la prima volta. Non sappiamo se il risultato sarebbe stato lo stesso senza quelle parole rivolte ai compagni. Era il loro generale, il loro maestro. Gli aveva indicato come giocare la palla e come mantenere la calma di fronte alle avversità. Non sorprende che il celebre drammaturgo brasiliano Nelson Rodrigues nel descrivere il calcio dei verde-oro in quel magico periodo trovò in Didì una musa perfetta, paragonando la sua eleganza in campo a quella di un “Principe Etiope”. Un soprannome che sarebbe nel tempo.
Nel 1959, a sorpresa, il Real Madrid lo strappò al Botafogo, attirato dalla possibilità di incrementare il proprio compenso, e spinto dalle polemiche razziste che nacquero in quel periodo all'interno della squadra del Botafogo, dopo che Didi non smentì ai media brasiliani il fatto che i calciatori neri si allenassero a parte.
C’era solo un problema: i blancos avevano già un loro leader, o meglio despota, in Alfredo Di Stefano. Tutti a Madrid, anche il grande Puskas, avevano dovuto sottomettersi al suo dominio. Il brasiliano venne subito percepito come un corpo estraneo, una minaccia alla dittatura instaurata nello spogliatoio. Il giorno della presentazione alla stampa, Di Stefano fu costretto a stringere la mano a Didi sussurrandogli: “Dicono che sei venuto a sostituirmi. Beh, sei troppo vecchio e non abbastanza bravo”. Di fatto, dopo un ottimo inizio, la “saeta rubia” sterilizzò il gioco di Didi rifiutando ogni tipo di dialogo in campo. Deluso dall’esperienza, il brasiliano ritornò nel 1960 al Botafogo dove vinse il Campionato Carioca del 1961 e 1962 e preparandosi al meglio alla Coppa del Mondo in Cile del 1962. Alla soglia dei 34 anni era uno dei membri più anziani del team verde-oro, criticato dalla stampa brasiliana, ritenendolo troppo vecchio per partecipare al Mondiale, dove fu invece giudicato miglior centrocampista a pari merito con il cecoslovacco Masopust e fu ancora il protagonista della riconquista del titolo mondiale. Unico rimpianto, l’infortunio che impedì a Di Stefano di partecipare a Brasile-Spagna, un’occasione attesa da Didi per dimostrare sul campo l’effettivo valore dei due. I mondiali cileni furono il canto del cigno di Didi. Giocò ancora quattro anni tra Botafogo, Veracruz e San Paolo.

Allenatore


Nel 1963, a 35 anni, dopo essersi ritirato come calciatore, iniziò la allenatore, allenando fino al 1968 lo Sporting Cristal, squadra militante nel massimo campionato peruviano, e il Perù ai Mondiali del 1970, dopo aver eliminato l’Argentina durante le qualificazioni. La Nazionale peruviana raggiunse i quarti di finale dove fu eliminata proprio dal Brasile per 2-4. Nel 1971, Didi allenò la squadra argentina del River Plate; dal 1972 al 1975 allenò i turchi del Fenerbahçe, che condusse alla vittoria di due campionati consecutivi, raggiungendo il suo apice nella carriera da allenatore.
Dopo aver girato Perù, Argentina e Turchia, tornò in Brasile, vincendo il Campionato Carioca col Fluminense nel 1975 e il Campionato Mineiro per due volte col Cruzeiro (1976, 1977). Dal 1978 al 1981 si trasferì a Gedda, in Arabia Saudita, all' Al-Ahli Jeddah. Successivamente, allenò Botafogo (1981), Fortaleza (1985), São Paulo ed Alianza Lima (1986) e Bangu (1989/1990).
Waldir Pereira fu in ultima analisi una contraddizione assoluta: si portava dietro un'aura di aristocrazia ed eleganza, ma era un vero combattente. Non si tirò mai indietro di fronte ad una sfida e non accettò mai una sconfitta. Poteva essere in apparenza un “Principe Etiope” ma dentro era ancora il povero ragazzo di Campos, che dopo aver quasi perso una gamba a 14 anni, dormiva ogni sera con un pallone sotto il letto, anche da adulto. Disse che trattava la palla con “tanto affetto quanto mia moglie”.
E la palla, senza dubbio, sentiva lo stesso affetto per lui.

Palmares


  • Club:

 Campionato Carioca (4): Fluminense 1951; Botafogo 1957, 1961, 1962
 Taça Rio (1): Fluminense 1952
 Torneo Rio – San Paolo (1): Botafogo 1962
 Coppa dei Campioni (1): Real Madrid 1958

  • Nazionale:

 Campionato del Mondo (2): Svezia 1958; Cile 1962
 Campionato Panamericano (1): 1952

Allenatore


 Campionato peruviano (1): Sporting Cristal 1968
 Campionato turco (2): Fenerbahçe 1973/1974; 1974/1975
 Supercoppa di Turchia (1): Fenerbahçe 1974
 Campionato Carioca (1): Fluminense 1975
 Taça Guanabara (1): Fluminense 1975
 Campionato Mineiro (2): Cruzeiro 1976; 1977

Sitografia


https://storiedicalcio.altervista.org/blog/didi-waldir-pereira-il-principe-etiope.html

https://it.wikipedia.org/wiki/Didi

http://www.treccani.it/enciclopedia/didi_%28Enciclopedia-dello-Sport%29/

http://www.conmebol.com/pt-br/didi-o-inventor-da-folha-seca

https://en.wikipedia.org/wiki/Didi_(footballer,_born_1928)