IX estiva - 1928 Amsterdam (NED)

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IMMAGINI

1928 Amsterdam (NED)


Città ospitante Amsterdam, Paesi Bassi
Nazioni partecipanti 44
Atleti partecipanti 3.089 (2.954 Uomini - 135 Donne)
Competizioni 126 in 17 sport
Cerimonia apertura 28 luglio 1928
Cerimonia chiusura 12 agosto 1928
Aperti da Enrico di Meclemburgo-Schwerin
Giuramento atleti Harry Dénis
Ultimo tedoforo Nessuno
Stadio Stadio Olimpico di Amsterdam

I Giochi della IX Olimpiade (in olandese Spelen van de IXe Olympiade) si sono svolti ad Amsterdam nei Paesi Bassi dal 28 luglio al 12 agosto 1928.
Sono le prime olimpiadi a vedere a capo del CIO il belga Henri De Baillet-Latour. De Coubertin aveva lasciato il suo posto già dal primo settembre del 1925.
La scelta di Amsterdam avvenne sette anni prima della IX Olimpiade, che si svolse dal 28 luglio al 12 agosto 1928. Di Amsterdam si era già parlato a proposito dell'edizione 1920 e il Comitato olimpico nazionale era stato fondato nel 1912. Neutrale nel primo conflitto, l'Olanda si riaffacciò nella battaglia per le selezioni olimpiche nel 1919, sotto la spinta del barone Frederik Willem van Tuyll, membro del CIO, ma comprendendo che Anversa non aveva avversarie, visto il valore simbolico della scelta che si orientava sul martoriato Belgio, approfittò del desiderio di de Coubertin di avere i Giochi a Parigi nel 1924, trent'anni dopo il congresso fondativo della Sorbona, per ottenere il 2 giugno 1921 un'investitura molto anticipata rispetto alle consuetudini.
Con De Coubertin le donne avevano sempre gareggiato quasi semi-clandestinamente in pochissime competizioni. Ma questo atteggiamento era ormai fuori dal tempo e così Amsterdam presentò 135 donne che si sfidarono nell'atletica (per la prima volta) nella ginnastica, nella scherma, nel nuoto, nell'equitazione e nella vela, seppure con un programma ridotto rispetto agli uomini. Il barone, anche se fuori dagli incarichi ufficiali, non mancò tuttavia di mostrare tutto il suo risentimento.
Una tappa fondamentale nella storia di questi Giochi fu quella di aver portato praticamente a compimento l'opera di ripulitura del programma, e di riduzione della durata dei Giochi che erano fondamentali per il futuro della creatura del barone.
Una concreta mano al taglio del programma venne data da un acceso dibattito sul dilettantismo, che produsse la cancellazione di due discipline, il tennis e anche il tiro, che era sempre più orientato verso uno spinto professionismo che al barone proprio non andava giù. Nel nuovo spirito dei cinque cerchi, il tennis tornerà solo nel 1988, mentre l'embargo del tiro - come quello della marcia, fomentatrice di polemiche - durerà solo un'edizione.
In queste Olimpiadi vi fu anche il ritorno della Germania mentre venne lasciata fuori dal consesso olimpico solo l'URSS, che non partecipava alle competizioni internazionali. Un incidente causò invece l'assenza dei francesi dalla cerimonia d'apertura, dopo che agli atleti era stato impedito di allenarsi sulla pista dello stadio olimpico e ne era nata una baruffa, nella quale venne malmenato anche il segretario della Federazione dell'atletica francese Paul Méricamp. Ma la Francia fu regolarmente presente con 230 atleti. Riguardo al programma di gare venne ridotto (109 gare, e tuttavia ben 15 concorsi d'arte), anche se i paesi salirono a 46, gli atleti furono meno che a Parigi: 2883 (278 donne, un record); la durata dei Giochi esclusi calcio e hockey venne contenuta in 2 settimane, fra il 28 luglio e il 12 agosto (il torneo di hockey su prato iniziò il 17 maggio) e per l'ultima volta le premiazioni si svolsero tutte alla fine, da Los Angeles, anche per le necessità di rientro di molte squadre, sarebbero state più o meno contestuali alle gare.
Le donne in atletica furono dunque l'evento più atteso e significativo di questa edizione. L'onore del primo titolo olimpico femminile di atletica toccò a una studentessa dell'Università di Varsavia, Halina Konopacka, 27 anni, la cui gara, il disco, era la prima del programma delle finali, alle 14 del 31 luglio. Konopacka, che deteneva con 39,18 m la miglior prestazione mondiale e dunque era la favorita, mancò di 1 cm il suo mondiale in qualificazione, ma in finale con 39,62 m segnò il nuovo record del mondo; alle 15.10 era già tutto finito, le 21 lanciatrici avevano concluso e l'americana Lillian Copeland fu seconda, staccata di 2,5 m. Konopacka, che non si avvicinò più al record (toccò alla connazionale Jadwiga Wajs, bronzo a Los Angeles e argento a Berlino, raccoglierne l'eredità arrivando a 44 m) dopo Amsterdam si sposò, lasciò la Polonia nel 1939, andò prima in Francia in seguito negli USA e si stabilì infine a New York con il marito, dedicandosi alla pittura. Tornò spesso a Varsavia, l'ultima volta nell'anno della sua morte, il 1989.
Amsterdam segnò anche la continuazione di quanto iniziato nei Giochi precedenti: il dominio americano nell'atletica, minato dalla piccola grande Finlandia ad Anversa e Parigi, venne qui completamente fatto saltare e non per mano di un'unica nazione. I finlandesi erano ancora i fenomeni del mezzofondo e del fondo. Nei 1500 il titolo andò ad Harry Larva, nei 5000 Ville Ritola si prese il lusso di mettersi dietro il "vecchio" Paavo Nurmi, che finì secondo anche nei 3000 siepi dietro all'altro connazionale Toivo Laukola. Ma Nurmi era Nurmi e così, nonostante ormai in parabola discendente, logorato da una lunghissima serie di record, riuscì a rifarsi nei 10000, la gara mancante al suo incredibile palmares, ancora con una volata vincente su Ritola. Questa fu l'ultima edizione dei Giochi per Nurmi, ormai 31 enne, anche se 4 anni dopo a Los Angeles cercò di partecipare alla maratona, ma venne squalificato per professionismo. Anche nella velocità agli americani non andò meglio: 100 e 200 furono il regno di un ragazzo canadese di vent'anni, Percy Williams. I 110 ostacoli furono invece del sudafricano Sidney Atkinson, mentre solo le staffette e i 400 dell'italo-americano Raymond Barbuti consentirono agli Stati Uniti un piccolo riscatto.
Le gare si disputarono in soli 16 giorni. Gli atleti furono 2987, impegnati in 17 discipline, con una rappresentanza di ben 46 nazioni. Nella spedizione italiana che ottenne 7 ori, 5 argenti e 7 bronzi, un bilancio non disprezzabile, che fece tuttavia arrabbiare il Duce, brillarono stavolta i pugili, in un torneo dominato dalle proteste per le decisioni dei giudici. Nelle finali dell'11 agosto, le discussioni cominciarono nei pesi gallo: Vittorio Tamagnini affrontò l'americano Daley, che superò la semifinale a furor di popolo, dopo che i giudici avevano inizialmente assegnato la vittoria al rivale sudafricano Isaacs; ai punti il successo venne assegnato all'azzurro, e non servirono, stavolta, due ore di proteste e di schermaglie con la polizia.
Tamagnini era un diciottenne bruno di Civitavecchia, soprannominano "tizzo nero", che ebbe una discreta carriera professionistica, battendo fra gli altri Turiello e, in un incontro non valido per il titolo, il campione del mondo dei gallo Al Brtown.
Ben 33 nazioni (su 46) ritornarono in patria con almeno una medaglia: un record, questo, che durò per 40 anni. Per la prima volta le donne vennero ammesse alle gare di atletica leggera. La prestazione dell'Italia non soddisfò appieno Benito Mussolini, che perciò estromise Lando Ferretti dalla carica di presidente del CONI. Delusero anche gli Stati Uniti che, a causa delle prestazioni non esaltanti nell'atletica leggera, guadagnarono meno della metà degli ori conquistati a Parigi, riducendo di almeno un terzo anche il numero delle medaglie d'argento e di bronzo.

Vedere anche


Fonti