XXIX estiva - 2008 Pechino (CHN)

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2008 Pechino (CHN)


Città ospitante Pechino, Cina
Nazioni partecipanti 204
Atleti partecipanti 10.903 (6.294 Uomini - 4.609 Donne)
Competizioni 302 in 34 sport
Cerimonia apertura 8 agosto 2008
Cerimonia chiusura 24 agosto 2008
Aperti da Hu Jintao
Giuramento atleti Zhang Yining
Giuramento giudici Huang Liping
Ultimo tedoforo Li Ning
Stadio Stadio Nazionale di Pechino

I Giochi della XXIX Olimpiade si svolsero a Pechino in Cina dall'8 agosto al 24 agosto del 2008.
Già nel 1993, in occasione del 101° Congresso del CIO che avrebbe assegnato le Olimpiadi del 2000, Pechino sembrava vicinissima a coronare il sogno olimpico cinese: ma con grande sorpresa, dopo aver raccolto il maggior numero di voti in ciascuno dei primi tre turni di elezioni, uscì sconfitta di misura nel ballottaggio finale contro Sidney, che si vide così assegnare i Giochi del 2000 con 45 preferenze contro le 43 di Pechino. Se la rabbia per la sconfitta del 1993 fu grande, più grande ancora fu la soddisfazione cinese quando otto anni più tardi l'ambizione di ospitare una rassegna olimpica sul proprio territorio nazionale vide finalmente il suo compimento.
Pechino venne eletta come città per i Giochi olimpici del 2008 il 13 luglio 2001, durante la 112ª seduta del CIO a Mosca, battendo Toronto, Parigi, Istanbul e Osaka. Prima della sessione, altre cinque città (Bangkok, Il Cairo, L'Avana, Kuala Lumpur e Siviglia) avevano presentato le offerte, ma non riuscirono ad entrare neanche nella lista breve fatta nel 2000. Dopo il primo turno di votazione, Pechino ottenne una significativa posizione di vantaggio rispetto agli altri quattro candidati. Osaka ricevette solo 6 voti e così fu eliminata. Nel secondo turno di votazione, Pechino fu sostenuta dalla maggioranza assoluta, eliminando così la necessità di fare cicli successivi.
L'occasione dunque di aprirsi ad un mercato così importante, facendo breccia nella nazione più popolosa del mondo, era evidentemente per il CIO e per i suoi sponsor un'occasione commerciale troppo ghiotta per non essere sfruttata. Inevitabili, e ben più aspre del solito, furono le polemiche e le critiche sollevate all'indomani dell’assegnazione. Accusato di svendere l'ideale olimpico ad un paese incapace di garantire il rispetto dei diritti civili, il Comitato Olimpico Internazionale dovette fare i conti anche con la questione della libertà di stampa (in Cina vige tutt'ora la censura su Internet) e con i problemi ambientali legati all'inquinamento. La timida difesa del CIO, secondo cui la scelta di portare i giochi in Cina doveva servire proprio a favorire il progresso della Repubblica Popolare Cinese sul piano dei diritti umani e della graduale democratizzazione, in modo simile a quanto era accaduto in Corea del Sud con i giochi di Seul, apparve fin da subito del tutto pretestuosa e infondata. Limitandosi ad un ruolo di facciata, accettando le promesse cinesi senza esercitare effettive pressioni a livello politico, il CIO e quindi le Olimpiadi fecero ben poco per promuovere il rispetto dei diritti umani in Cina.
Beijing (Pechino in cinese) 2008 furono i Giochi dei record e dei superlativi. Indimenticabile fu la cerimonia di apertura, eccezionali furono le performances sportive, impeccabile fu l’organizzazione, più severi che mai furono i controlli antidoping, centinaia di milioni furono gli spettatori (e i telespettatori), più di 40 i record mondiali battuti e oltre 130 quelli Olimpici. Gli impianti sportivi furono ultra – moderni e già simboli della nuova Pechino, come lo Stadio Nazionale che fu soprannominato “Nido d’uccello” e il Centro del nuoto, battezzato “Water Cube”; di contro le gare su strada si corsero in scenari millenari, come la Grande Muraglia e l’ingresso alla Città Proibita. Anche la fiamma Olimpica batté ogni precedente record: 137.000 furono i chilometri percorsi dai tedofori e 8.800 metri fu l’altezza toccata salendo sulla cima del Mondo, l’Everest.
I Giochi Olimpici di Pechino furono i più costosi della storia: tra il 2001 ed il 2007 furono spesi 40,9 miliardi di dollari per infrastrutture, energia, trasporti e progetti di approvvigionamento di acqua.
Nello stadio nazionale di Pechino si svolse la cerimonia di apertura e quella di chiusura. Il Comitato organizzativo dei Giochi Olimpici provvide a reclutare circa 11.000 volontari: le selezioni terminarono nel maggio 2008 ed i volontari prescelti seguirono attività di formazione per essere pronti al compito assegnato. Per evitare qualsiasi tipo di problema, furono inoltre preparate imponenti misure di sicurezza: furono ingaggiati 80 cani poliziotto per controllare il sistema metropolitano e annusare la presenza di prodotti infiammabili e fu affidato ad un centro speciale il compito di monitorare la sicurezza dei prodotti alimentari, per controllare il rispetto di standard tecnici.
Nei mesi precedenti all'inizio dei giochi però sorsero diverse polemiche sull'inquinamento nella città di Pechino, che avrebbero potuto mettere a rischio la disputa di diverse gare su lunga distanza. Per mitigare gli effetti nocivi delle sostanze inquinanti presenti nell'aria, il governo variò diverse norme, come leggi più restrittive sulle auto in vendita.
Sul piano sportivo, i giochi di Pechino registrarono il clamoroso exploit della Cina padrona di casa, prima nel medagliere olimpico con ben cinquantuno ori e cento medaglie totali: gli Stati Uniti, secondi nella classifica delle nazioni,fermarono a trentasei successi, seppur con un numero più alto di medaglie complessive (110). Il grande successo cinese fu il frutto di una pianificazione capillare svolta sul modello offerto in passato dall'URSS e dalla DDR, con una forte statalizzazione della pratica sportiva; l'enorme bacino di utenza su cui lavorare (la popolazione cinese supera il miliardo) fece il resto. Nonostante l'exploit della Cina, due furono gli atleti simbolo di questa olimpiade: il nuotatore americano Michael Phelps e il velocista giamaicano Usain Bolt.
Il nuotatore statunitense Michael Phelps, lo “squalo di Baltimora”, vinse otto medaglie d’oro e ottenne sette record del mondo. Con le otto medaglie d’oro vinte stabilì il nuovo primato dei titoli olimpici conquistati in ogni epoca, portando il suo totale personale a 14 ori. Superò così Larisa Latynina, Paavo Nurmi, Mark Spitz e Carl Lewis che fino ad Atene 2004, con 9 medaglie d’oro, deteneva il primato. Riguardo invece al grande campione Usain Bolt, l’eccentrico velocista giamaicano, vinse l’oro in 100, 200 e 4x100 metri (anche se poi quest’ultima medaglia gli verrà tolta a causa della positività ad un controllo antidoping di un suo compagno di squadra, Nesta Carter). In tutte le gare stabilì inoltre anche il record mondiale.
Non tradirono invece a questi GO le aspettative degli schermidori italiani, che sulla pedana dell'Olympic Green Convention Center onorarono la grande tradizione di uno sport da sempre fucina di medaglie e soddisfazioni per i colori azzurri. Su tutti, ancora una volta brillò la stella di Valentina Vezzali, che lasciò un segno indelebile nell'epos olimpico: con il terzo oro consecutivo nel fioretto individuale, la jesina realizzò un'impresa senza precedenti nella scherma olimpica sia femminile che maschile, firmando un successo di altissimo livello tecnico e umano. Dominata dalle atlete azzurre, la prova di fioretto vide l'Italia piazzare tre semifinaliste su quattro: nello scontro tutto italiano tra Vezzali e Granbassi prevalse la maggiore esperienza della Vezzali, mentre nell'altra semifinale la veterana Giovanna Trillini (alla quinta partecipazione ai Giochi) dovette cedere alla coreana Nam Hyun-Hee non senza polemiche, viste alcune decisioni della giuria che penalizzarono pesantemente l'azzurra. Vibrante e combattuta la finalissima, che vide la Vezzali vincere di misura (6-5) sulla Hyun-Hee: la stoccata decisiva arrivò a pochi secondi dalla fine del tempo regolamentare, peraltro con un pizzico di suspense in più dovuto al tempo impiegato dai giudici per ricostruire il colpo prima di assegnarlo all'azzurra. Emozionante fu anche l'altra sfida tutta italiana tra Trillini e Granbassi, che lottarono per la medaglia di bronzo, finita poi al collo della Granbassi (15-12).
Nella prova di fioretto femminile a squadre, che tornava ai Giochi dopo l'assenza di Atene 2004 dovuta alla turnazione olimpica, le azzurre cercarono la quarta affermazione consecutiva dopo Barcellona, Atlanta e Sidney: pur partendo con i favori del pronostico, specialmente dopo gli esiti della prova individuale, si dovottero però arrendere in semifinale alla Russia, che poi vinse agevolmente l'oro contro gli Stati Uniti in finale. La cocente delusione per l'eliminazione, arrivata per una sola stoccata (22-21), fu solo parzialmente mitigata dalla facile vittoria contro l'Ungheria nella finalina di consolazione per il bronzo. Il fioretto portò molte medaglie anche nel settore maschile, in cui però si disputò solo il torneo individuale: il pisano Salvatore Sanzo si confermò ai vertici tecnici della disciplina vincendo un bronzo dopo l'argento di Atene del 2004. La medaglia di Sanzo però non bastò a spegnere del tutto le polemiche sorte alla vigilia delle Olimpiadi per l'esclusione dell'altro fiorettista azzurro, Andrea Baldini, indicato dagli addetti ai lavori come uno dei grandi favoriti ma escluso dai Giochi poco prima dell'inizio delle gare per la positività ad un diuretico. Riabilitato completamente nel 2009 dal Tribunale Antidoping della FIE, la Federazione internazionale di scherma, Baldini è stato condannato solo a sei mesi di sospensione dovuti a “negligenza”, ma non potè comunque scendere in pedana a Pechino, sostituito da Cassarà.
Altra grande impresa azzurra nella spada, in cui Matteo Tagliariol riportò in Italia l'oro individuale dopo ben 48 anni: vincendo una prova dominata dall'inizio alla fine, lo schermidore trevigiano rinverdì i fasti di una tradizione che ci aveva visto sempre sul gradino più alto del podio addirittura in sei edizioni consecutive dei Giochi Olimpici, da Los Angeles 1932 a Roma 1960. Nella prova a squadre il quartetto azzurro (Tagliariol, Rota, Confalonieri, Carozzo) si dovette però arrendere in semifinale ai futuri campioni olimpici della Francia, vincendo poi il bronzo contro i padroni di casa della Cina.
Il tiro con l'arco ci regalò però alcuni dei momenti più emozionanti vissuti dalla spedizione italiana a Pechino. Nella prova a squadre maschile, gli azzurri Mauro Nespoli, Marco Galiazzo e Ilario Di Buò andarono infatti vicini a compiere un'impresa storica. Solo sesta dopo i tiri di qualificazione, nella fase finale la squadra azzurra iniziò eliminando il Canada e successivamente la Malesia, centrando l'approdo in semifinale. Contro la temibile Ucraina, seconda nelle qualificazioni e quindi favorita per l'oro, Nespoli, Galiazzo e Di Buò sfoderarono una prestazione superlativa che ci spinse in finale dopo un combattutissimo 223-221. Messi di fronte allo squadrone sudcoreano, bicampione olimpico di Sidney e Atene, gli azzurri non tremarono e diedero vita ad un confronto quanto mai emozionante e spettacolare. Alla fine dovettero cedere (227 a 225), ma con l'onore delle armi. La Corea del Sud, dopo il terzo oro consecutivo tra i maschi, completò l'opera vincendo anche la prova a squadre femminile, in cui le ragazze coreane colsero la sesta affermazione su sei edizioni fin qui disputate: un record difficilmente superabile, se non forse dalle stesse arciere coreane. Nelle prove individuali però la Corea del Sud si dovette accontentare di due argenti, entrambi piuttosto beffardi. Tra i maschi Kyung-Mo perse di un punto (113-112) dall'ucraino Viktor Ruban, nuovo campione olimpico; tra le donne Sung-Hyun uscì anche lei sconfitta col minimo distacco contro la Zhang Juanjuan (110-109), che diede cosi l'oro alla Cina. Dopo il grande exploit a squadre, gli azzurri andarono male nella prova individuale: Galiazzo, che difendeva l'oro di Atene, fu eliminato già al secondo turno. Per il padovano dell'Aeronautica militare, comunque, come per Nespoli e Di Buò restò la grande soddisfazione di aver ceduto solo al fortissimo terzetto sudcoreano, al termine di una gara in cui mostrarono di meritare ampiamente la medaglia del metallo più pregiato.
La cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Pechino, avvenuta il 24 agosto 2008, ebbe inizio alle ore 20:00 (ora di Pechino) al Bird's Nest, lo stadio olimpico di Pechino. Dopo un conto alla rovescia di 29 secondi (come il numero delle Olimpiadi), scandito con fuochi d'artificio (figurati da numeri latini e non cinesi), si assistette allo spettacolo allestito dalle migliaia di comparse dirette dal regista cinese Zhāng Yìmóu. In seguito, ci fu l'entrata delle bandiere e degli atleti nello stadio, avvenuta in ordine misto. Il portabandiera per l'Italia fu il pugile marcianisano Clemente Russo (argento dopo la finale persa con il russo Rachim Čakchiev). Si assistette quindi ai discorsi del Segretario del Comitato olimpico di Pechino Liu Qi e del Presidente del CIO Jacques Rogge. Dopodiché avvenne la premiazione della gara della maratona, vinta dal keniota Samuel Wanjiru (primo oro per il Kenya nella maratona alle Olimpiadi).
Ci fu, poi, il simbolico passaggio di consegne tra Pechino e Londra (la successiva città organizzatrice dei Giochi) con lo scambio della bandiera olimpica tra il sindaco cinese Guo Jinlong e quello britannico Boris Johnson. Si assistette anche ad un piccolo spettacolo organizzato dal comitato britannico organizzatore Giochi olimpici (LOCOG), con la partecipazione del calciatore del Los Angeles Galaxy David Beckham, l'arrivo di un classico bus a 2 piani rosso e con il duetto tra Leona Lewis e il chitarrista dei Led Zeppelin Jimmy Page, esibendosi nella canzone Whole Lotta Love (Led Zeppelin 1969). Dopo lo spegnimento del braciere olimpico, la cerimonia si concluse con una serie di esibizioni canore, inclusi il duetto Ài de Huǒyàn (The Flame of Love) (composto da Bian Liunian e Klaus Badelt), cantato da Plácido Domingo e Song Zuying, il brano corale Please Stay, Guests from Afar (interpretato da 56 cantanti rappresentanti delle altrettante etnie cinesi) e Pechinese Baby, suonata da Bad Mofo & The Sporticians, seguite da uno spettacolo pirotecnico, che terminò alle ore 21:55.

Vedere anche


Fonti