Palanca Massimo

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IMMAGINI

PREMESSA

Era il 3 giugno del 1990, l’estate stava per fare capolino in un anno in cui si giocavano per la seconda volta i mondiali in Italia, vinti dalla Germania sull’Argentina che ci eliminò clamorosamente dalla competizione in semifinale dopo i calci di rigore, mai fortunati per l’Italia prima del 2006.
Era la nazionale di Schillaci, Baggio, Maldini e Baresi allenati dal CT Azeglio Vicini, che avrebbe meritato di più del terzo posto guadagnato sull’Inghilterra. In serie A il Napoli di Maradona vinceva il suo secondo scudetto a scapito del Milan che di a poco avrebbe aperto una sua stagione d’oro con svariati scudetti di fila e Coppe dei Campioni che valsero alla squadra meneghina, al tempo, il titolo della squadra più titolata al mondo, prima dello strapotere ispanico con la coppia Barça-Real Madrid che monopolizzò la competizione continentale. A Catanzaro il calcio non si poteva dire proprio un’isola felice, dopo due stagioni di B dagli opposti propositi. Nel 1987-88 ad un passo dalla serie A, per un. Solo punto di distanza dal duo Lazio-Atalanta.
La stagione successiva ci vide salvi all’ultima giornata, vincendo 5-2 contro la già promossa Udinese, in uno stadio stravolto di gente, favoriti dall’entrata gratuita concessa dall’allora presidente Pino Albano e con una tripletta di Massimo Palanca, che anche in quella stagione, tribolata, detta il suo contribuito con 12 reti e con la doppia cifra raggiunta per il terzo anno consecutivo all’età di 36 anni.
Dopo la sospirata permanenza della passata stagione, la dirigenza non seppe trarre lezione del pericolo scampato e non rafforzo la squadra, anzi, si affidò ad una vecchia gloria, Fausto Silipo, come allenatore, e ad un manipolo di giovani, alcuni della giovanili, sperando sempre nei miracoli del sempreverde Palanca, che ormai prossimo ai 40 anni e non supportato della squadra, non riuscì a superare le 4 marcature, condannando le Aquile all’ultimo posto ed alla retrocessione in serie C.
Ritorniamo ora al 3 giugno 1990, lo stadio Nicola Ceravolo è quasi vuoto, la partita è inutile con qualsiasi risultato, di fronte un Barletta, da sempre gemellato con la squadra dei tre colli, ed mai certo di poter disputare il prossimo campionato di serie B, uno dei pochi della sia storia. Nessuno ha voglia di combattere e nessuno ha un obiettivo concreto, gli uomini in campo aspettano solo che finisca questo campionato e pensare al loro futuro. La partita finirà 0-0 non rimanendo bella storia se non per un motivo che nella a che fare con reti mirabolanti o imprese calcistiche. Anche se davanti a pochi intimi nel catino del Ceravolo, che aveva avuto ben altri numeri e rumorosi scenari, sta per andare in scena la nascita di una leggenda, di un mito ancora incrollabile nella memoria collettiva.
Siamo al 70’, Fausto Silipo, compagno di molte battaglie e strepitose vittorie, gli concede il cambio per concedergli quel minimo di palcoscenico che un calciatore, un uomo del suo stampo, meritano, malgrado lo scenario triste dell’ultima partita nella cadetteria.
Al suo posto, forse non per caso, entra un giovanissimo Criniti, non ancora ventenne, speranza del futuro del Catanzaro e proveniente dalle giovanili, una sorta di passaggio di testimone tra vecchio e nuovo, anche se il vecchio risponde al nome di Massimo Palanca. Tutto si ferma, tutti applaudono, anche la squadra avversaria, forse anche l’arbitro, ma impossibilitato dalla sua figura, l’abbraccio tra Massimo e Fausto, la storia del Catanzaro degli ultimi 15 anni, sancisce la sua uscita di scena, forse non all’altezza del personaggio, quasi in sordina, come è nel suo carattere.


GLI INIZI

Il destino di Massimo Palanca, nasce dalla sua casa, situata all’interno dello stadio di Porto Recanati, di cui il padre ex calciatore, era il custode. Insieme alle sue sorelle e al fratello maggiore Gianni, stimato giocatore del Pescara, iniziò a dare i suoi primi calci al pallone. Nasce a Loreto il 21 agosto 1953, ma cresce a Porto Recanati. La sua passione per il calcio lo portò a giocare nelle giovanili della Recanatese fino al 1970, per poi essere notato da una squadra di serie D, il Camerino. Rimase al Camerino per 3 anni, collezionando 31 gol in 71 presenze, per poi essere preso dal Frosinone in serie C e non ancora ventenne iniziò la sua prima avventura tra i professionisti.
Già a metà stagione diverse squadre erano incuriosite sulle qualità dell’ala sinistra, ma poche erano interessate all’acquisto del giovane Palanca, erano due squadre di serie B, la Reggina e il Catanzaro.
La squadra di Reggio Calabria per accelerare i tempi entrò in contatto con la presidenza del Frosinone per arrivare ad un accordo che poteva portare il giocatore in città a fine stagione. Massimo era quasi diventato un giocatore amaranto e sarebbe arrivato a Reggio con il titolo di capocannoniere del girone C di serie C della stagione 73-74 con 17 gol in 28 presenze.
Ma qualcosa andò storto, la Reggina all’ultima partita del campionato di serie B fu retrocessa e questo fece saltare l’accordo con il Frosinone. Il Catanzaro del presidente Nicola Ceravolo si fece subito avanti per evitare che altre squadre entrassero in lizza per l’acquisto del giovane talento di Porto Recanati e stipulò un accordo con il Frosinone. Palanca alla fine indossò la maglia giallorossa.

CATANZARO

Nell’estate del 1974 Massimo arriva a Catanzaro, per svolgere le rituali visite mediche e per poter iniziare il ritiro precampionato.
A Catanzaro i tifosi avevano già assaporato momenti di gloria con una finale di Coppia Italia 1966 persa contro la Fiorentina e la prima promozione in serie A nel 1971. Alla sua prima esperienza in B, Palanca e i suoi compagni portarono le aquile al 3° posto a pari punti col Verona. Per poter conquistare la serie A si dovette disputare uno spareggio sul campo neutro di Terni che portò alla sconfitta dei giallorossi sfiorando così la promozione in serie A. Ebbe modo di rifarsi, l’anno seguente arrivano secondi e la squadra conquista la promozione nella massima serie e per Massimo fu la prima in A.
In quella stagione fece il suo primo esordio contro il Napoli, partita che poi finì sullo 0-0, ma il Catanzaro a fine stagione non riuscì a salvarsi e arrivando 15° in classifica, fu costretto a retrocedere in serie B.
Nella stagione 77-78 i giallorossi arrivano secondi e conquistano per la terza volta la promozione in massima serie, seconda promozione per Massimo Palanca che diventò quell’anno capocannoniere della stagione con 18 reti.
Nella sua seconda promozione in serie A, Palanca rimase nella memoria di tutti, catanzaresi e non, per una spettacolare vittoria per 1-3 contro la Roma allo Stadio Olimpico, realizzando tre gol di cui uno da calcio d’angolo, la sua specialità.
Per questa sua prodezza a Catanzaro gli venne attribuito il soprannome de “L’imperatore della curva ovest”, in carriera realizzò ben 13 reti dalla bandierina col suo “piedino fatato”, soprannome attribuito per il suo piede numero 37 che regalò magie come queste, a tutti gli appassionati di calcio.
“Solo un mito poteva superare la leggenda…solo tu, O’Rey: Imperatore della Ovest”.
Lo stesso anno si laureò capocannoniere della Coppa Italia, trascinando la sua squadra in semifinale, per poi perdere contro la Juventus. Inizia la stagione 79-80, le sue prodezze realizzate in quegli anni furono notate anche dal CT della nazionale Enzo Bearzot che, il 19 dicembre 1979 lo convocò per una partita a Genova con la nazionale “sperimentale”, contro la Germania Ovest. In quella stagione Massimo realizza 9 reti in 29 presenze, divenne ancora una volta capocannoniere della sue squadra ma ciò non potè salvare il Catanzaro dalla zona retrocessione. Le aquile sull’orlo della cadetteria vengono ripescate a causa dello scandalo del calcio scommesse che condannò alla retrocessione due squadre blasonate come la Lazio e il Milan.
Ripescaggio che favorì anche l’Udinese ed è così che i giallorossi poterono per il terzo anno consecutivo disputare un campionato di massima serie, alla fine saranno cinque consecutivi e sette totali.
La stagione 80-81, fu la migliore stagione di Massimo e dei giallorossi. Realizzò 13 reti e divenne così vice capocannoniere del campionato, portando il Catanzaro al 7° posto a pari merito con il Bologna, miglior piazzamento nella massima serie delle Aquile.
A Catanzaro viene osannato, aveva trovato un ambiente sereno che caratterizzò la sua vita e la sua carriera calcistica portandolo ad alti livelli rendendo grande la piazza di Catanzaro, i tifosi lo avevano addirittura proclamato Re, acquisendo così il soprannome di “O’Rey”, come il fenomeno brasiliano Pelè. Le sue prestazioni lo misero sotto i riflettori di grandi club, alla fine la spuntò il Napoli per ben 1 miliardi e 350 milioni di lire, cifra record per i giallorossi, che solo qualche anno dopo fu superata dai 4 miliardi offerti dalla Sampdoria per il catanzarese doc Pino Lorenzo.

NAPOLI E IL DECLINO

Stagione 81-82 l’ormai “O’Rey’’ di Catanzaro arriva a Napoli con grandi aspettative che purtroppo non riuscì a realizzare. Fu autore di una sola rete in 23 presenze, la stagione più fallimentare della sua carriera. L’annata successiva, viene mandato in prestito al Como per disputare il campionato di serie B, dove segna solo due reti in 18 presenze, per poi ritornare a Napoli a fine stagione.
Diventano anni bui per il “piedino fatato” che non riesce più a siglare molti gol che nelle annate precedenti lo portarono nelle zone alte della classifica marcatori.
Nella stagione 83-84 ritorna a Napoli dal prestito al Como per disputare un altro campionato di serie A e cercare di portare in alto il suo nome, ma non fu così, ebbe delle controversie con l’allora allenatore del Napoli Rino Marchesi, che non resero la vita facile al trentenne di Porto Recanati, realizzò solo un gol in 18 presenze. A fine stagione nessuno parlava più di Massimo Palanca, non era più al centro del mercato come nelle sessioni precedenti, era rimasto senza una squadra, lato amaro per un calciatore di serie A.
L’unica soluzione era proporsi in prima persona a vari club, ma non di alto livello, club di serie C2. Nonostante il nome importante e i gol che lo resero grande, misero in difficoltà alcune società dove lui si propose, poteva rompere gli squilibri della rosa, mettendo in discussione alcuni calciatori già presenti nelle squadre. Alla fine, a campionato già iniziato, solo una squadra decise di ingaggiarlo e fu il Foligno, dove rimase per due anni, dall’84 all’86 e realizzando 18 gol in 47 presenze. In quegli anni il Catanzaro era caratterizzato da alti e bassi, nella stagione 85-86, fu retrocesso dalla serie B alla serie C1, c’era solo un modo per poter riportare in alto le Aquile del sud, puntare ancora una volta sul loro “O’Rey”.


ULTIMA FERMATA: CATANZARO

Torna a Catanzaro all’età di 33 anni nella stagione 86-87 nel giorne C di serie C1.
Realizzando anche la rete all’esordio, consentendo al Catanzaro di vincere la gara subentrando nel secondo tempo, da allora fu solo un crescendo che consenti a Massimo Palanca di vincere la classifica dei cannonieri del girone, con 17 reti in 29 presenze e riportando le Aquile nella cadetteria. Con il Catanzaro rimane fino al termine della carriera, stagione 1989-90.
Ai dati ufficiali, alle tabelle, ai numeri, si affianca un’altra verità, quella dei sentimenti: “L’ultima partita mi provocò un effetto traumatico. Quando uscii dal campo mi sentii male. C’è stato un attimo dentro lo spogliatoio in cui, non lo nascondo, mi uscì qualche lacrima. Quel giorno finiva una bella storia e non mi sarebbe stato più concesso riviverla. Era un pezzo di me che se ne andava e stavolta per sempre. Lasciarsi alle spalle quello stadio, quel terreno di gioco, non è stato piacevole.”
Il legame tra Massimo Palanca e il Catanzaro non era arrivato al capolinea. “Scoprii di colpo l’altro verso allo sport, la cosa più piacevole e, quel giorno capii che il destino mi aveva legato a Catanzaro per sempre”…“mi rimane l’onore e la gioia di avere, a Catanzaro, gente che ancora mi vuole bene questa è la cosa più importante. Quando vado da quelle parti e vedo qualche mio poster appeso alle pareti in qualche ristorante, in qualche esercizio commerciale, respiro l’aria di casa.”
Massimo Palanca senza pallone, fuori dal suo mondo può essere scambiato come uno dei tanti. Una persona tranquilla, senza eccessi, senza vizi. Però l’essere stato Massimo Palanca non può isolarlo a questa ruolo. L’etichetta del calciatore se la porta dietro, ce l’ha appiccicata addosso come un marchio indelebile.
Massimo Palanca oggi divide il suo tempo tra negozio di abbigliamento a Camerino e la sua cronica inclinazione per il calcio. A Camerino, antica sede universitaria, studiano molti ragazzi del sud e il suo negozio è una tappa fissa per chiedere autografi e farsi fotografare insieme.


IL MITO

Naturalmente non vi è catanzarese, vecchio o giovane che sia, che non conosca Massimo Palanca, anche se non l’ha mai visto giocare personalmente per ragioni anagrafiche. Il suo ricordo, le sue gesta, i suoi gol sono parte integrante della storia del Catanzaro Calcio ed è indiscutibilmente il giocatore più rappresentativo e più idolatrato dai tifosi delle Aquile. Fino a qualche anno fa, quando seppur amatorialmente, il nostro O’Rey scendeva a Catanzaro per qualche partita di beneficenza, partite che di solito raccolgono pochi e svogliati spettatori, al contrario riempiva gli spalti di pubblico accorso solo per vedere un suo tocco. In una di queste occasioni, con lo stadio quasi al limite della capienza, O’rey riuscì nella sua specialità, una rete da calcio d’angolo, mandando in delirio il pubblico accorso per vedere una vecchia gloria rimasta nel cuore di tutti. Oltre alla sua figura, rimane nel mito anche il suo numero sulla maglia, l’11 a Catanzaro è inevitabilmente il numero di Massimo Palanca, qualsiasi giocatore osa indossare quel numero sa che ha addosso una pressione non da poco.
Per non parlare di quando si calcia una punizione o un calcio d’angolo, ancora sugli spalti, qualche vecchio tifoso si lascia sfuggire l’inevitabile frase “Cca ci volera Massimè” . Da qualche anno a Catanzaro vi è un gruppo di collezionisti che si è cimentato nel raccogliere le vecchie maglie del Catanzaro Calcio, inutile dire che è la più ambita, ricercata e la più preziosa, anche a livello economico. Chi ne possiede una o più non la cederebbe per nessun’altra al mondo, neanche una di Pelè o di Maradona, la frase è sempre quella “è una maglia di Palanca!” e questo la dice tutta sul mito del giocatore che malgrado non abbia mai vinto uno scudetto o una coppa internazionale può essere paragonato ai grandi del calcio.


FONTI

- Alberto Pistilli “Massimo Palanca - il mio calcio” to be Group - Macerata 2009
- Leonardo La Cava “La Grande Storia del Catanzaro - Massimo Palanca” ed. Catanzaro Club - Catanzaro 2006
- Wikipedia “Massimo Palanca”
- Wikipedia “U.S. Catanzaro”
- Facebook “Museo del Catanzaro Calcio”