Puskas Ferenc

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IMMAGINI

FERENC PUSKÁS


Quando dell’idioma di un popolo si ricorda solo una parola ,e quella parola è un cognome ,ci sono due possibilità: la prima è che quella lingua sia ostica poiché la parlano solo loro;o che quel cognome corrisponde ad un uomo o ad una donna che al dito abbiano o abbiano avuto una anello che li consentisse di sigillare il tempo. Nella nostra storia sono applicabile entrambi poiché gli ungheresi parlano una lingua poco accessibile agli europei,ma anche perché a quel cognome corrisponde un’uomo che quell’anello lo possedeva veramente. Quest’uomo è Ferenc Puskás ,considerato il giocatore ungherese più forte di sempre,tanto da essere stato sepolto nella grande cattedrale di Santo Stefano,privilegio concesso esclusivamente hai regnanti e reliquie di santi.

La carriera


Iniziò Puskas Ferenc la carriera da calciatore con il Kipest Football Club ,a Kipest,un quartiere operaio alla periferia di Budapest.Giocava quasi sempre scalzo ed esclusivamente con il mancino,ma gioca talmente bene che fu inserito nella prima squadra del Kipest all’età di soli 16 anni.Per farlo esordire però bisognava aspettare il suo dodicesimo compleanno(età minima),ma è talmente bravo che il caso vuole che giochi prima;di conseguenza gli cambiarono nome tesserandolo come “Kovac”.
In verità questa storia del cambio nome non è del tutto una novità a casa Puskas poiché originariamente la famiglia aveva un cognome tedesco ,essendo discendente di quel gruppo di tedeschi arrivati in quella parte d’Europa nel 18° secolo;però negli anni trenta i nazionalismi si stavano affermando fortemente nel vecchio continente ed era meglio non avere un cognome straniero. Fu suo stesso padre a farlo esordire a 16 anni nella Honved,e fu lui stesso che andò dal custode dello stadio che non voleva far entrare il piccolo Ferenc,dicendogli:”lo faccia entrare!;e le consiglio di vedere la partita perché lui,lui sarà un grande campione”.
Quelle parole di papà Puskás colpirono molto il giovane Ferenc perché non era mai stato considerato dal padre un vero giocatore e quelle parole negative dette precedentemente avevano così tanto ferito Ferenc che lui diventò come in un romanzo di “Sepulveda”,il “bambino che inseguiva i tram”;e di tram,a Kipest,ce ne arano molti. Il suo primo scudetto lo vinse a 23 anni,ma già quando ne aveva 18 era in gradi di segnare 50 gol a stagione;infatti nell’aogosto del 1945 aveva già esordito in nazionale. Nel 1952 la nazionale ungherese va ad Helsinki per disputare le olimpiadi;non era la squadra favorita,ma dopo averli visti giocare contro Italia e Svizzera,un calcio enciclopedico,lo “diventarono”. Arrivano fino in finale;una di quelle partite che si ricordano per molto tempo,specie per Puskás. Al 30’ del primo tempo,Kocsis,conosciuto come “testina d’oro”venne atterrato in aria;Puskás non aveva mai sbagliato un rigore ma in questo caso appoggiò un sinistro indegno di lui. Al termine della prima frazione di gara,nello spogliatoio gli venne chiesto “Ferenc,ce la fai vincere vero?”.Ha già capito che l’esito della partita è tutto nelle sue mani e così avvenne.Segno il primo gol e il secondo,segnato da Czibor,portò l’Ungheria sul podio più alto. Il più grande telecronista ungherese darà loro il soprannome di “Aranycsapat”, squadra d’oro,che li accompagnerà per sempre.Questa squadra rappresentava non solo la miglior via socialista al calcio, ma anche il riscatto di tutti gli ungheresi in uno dei momenti più difficili della loro storia;come scrive Bolognini nella “squadra spezzata” ,essa dava ossigeno agli ungheresi in un momento politicamente e socialmente semi impossibile.Ma la finale dei mondiali persa contro i tedeschi nel 1954 non fece altro che tirar via il velo delle brutture del vivere sotto regime. Successivamente alla partita di Coppa Dei Campioni,disputata contro ll Bilbao,il regime impose alla squadra di rientrare in patria ma i giocatori si rifiutarono e decisero di andare in tournée,anche perché riceverono diverse offerte ed i giocatori per la prima volta nella loro vita divennero professionisti,e non più pagati dall’esercito o dalla polizia. Il segretario del partito definì Puskás non solo un traditore ma anche un disertore poiché era un’ufficiale alto in grado;in aggiunta a ciò fu ulteriormente squalificato dalla EUFA per due anni. Dopo ciò decise di stanziarsi a Bordighera,un piccolo paesino ligure. Contemporaneamente a ciò una lunga processione di squadre si chiesero che fine abbia fatto Puskas e se c’era l’opportunità di prenderselo alla fine della squalifica. Si propose come prima squadra il Manchester United che lo trovò però sovrappeso e in più non ottenne dalla federazione l’apertura delle frontiere.In seguito arrivò all’Inter che lo mise sotto contratto;ma bisognava aspettare. Successivamente però succede che un giorno suonò il telefono e dall’altra parte della cornetta si presentò un suo vecchio amico nonché ex dirigente del Honved che gli disse:”Bernabeu ti vuole!”:In verità tutto ciò non è vero;era proprio il suo vecchio amico che stava cercando di convincere Santiago a prenderlo.Bernabeu lo considerava in sovrappeso e molto demotivato,ma il loro incontro fu decisivo. Segnerà con la maglia del Real Madrid 242 gol in 262 partite e fu così acclamato dai tifosi del Real Madrid da essere rinominato “pancho”per la sua pancia,mentre nello spogliatoio “cycle”(nome di gomme americane vendute in quel periodo)poiché quella palla,ce l’aveva sempre attaccata al piede. Allenerà dappertutto, Europa, Arabia Saudita e sopratutto in Grecia arrivando a sfiorare la Coppa Dei Campioni con il Panathinaikos. Nel 1993, in un’Ungheria ormai democratica, Puskas torna a casa.Nel 2005 viene a fargli visita la squadra del Real Madrid, compagna di tante emozioni;Alfredo Di Stefano però non riuscì a contenere le lacrime vedendo che Ferenc non lo riconosceva più.Ormai l’alzheimer stava prendendo definitivamente il sopravvento sui suoi neuroni; atroce per come cancella i ricordi e quindi l’identità degli uomini ,ma nessuna senescenza potrà mai sbiadire il ricordo che il resto dell’umanità ha e avrà di lui.Gli ultimi giorni li passò in ospedale con la televisione accesa sempre sul canale tematico del Real Madrid fino ad una mattina del novembre del 2006, quando il suo cuore cessò di battere. Passate appena due ore dalla sue morte,le tre città in cui Puskas insegnò il gioco del calcio,Budapest,Madrid e Atene ,erano già state avvisate. Ognuno di queste città ha il diritto di amarlo per sempre: Budapest perché qui lui è stato “öcsi” ossia il fratellino e capitano della “squadra d’oro”. Atene perché è stato l’unico che ha centrato perfettamente l’idea,anche essendo straniero,che i greci hanno di se stessi. Madrid perché è stato lo straniero che più di tutti ha compreso che cosa sia la cultura madrilena.