Gimondi Felice

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IMMAGINI

Felice Gimondi nasce a Sedrina, in provincia di Bergamo, il 29 settembre del 1942. È figlio di Mosè, un postino che vive e lavora in bicicletta, ed è proprio dal padre che apprende l'arte di pedalare. Gimondi si avvicina piuttosto tardi al ciclismo.

Carriera


È intorno ai diciotto anni, che Felice Gimondi inizia a correre per la società U.S. Sedrianese. Alla sua prima corsa, nella categoria allievi, si presenta su un motocarro sgangherato quando la gara è ormai terminata. Nella categoria dilettanti, però, già si scorgono i semi del suo talento, soprattutto quando nel 1964 vince la sua prima competizione, una sorta di mini Tour de France: il Tour de l'Avenir. Nello stesso anno rappresenta anche l'Italia ai Giochi olimpici di Tokyo, classificandosi trentatreesimo nella prova su strada vinta dal connazionale Mario Zanin.
Nel 1965 diventa ciclista professionista nel team della Salvarani, come gregario alle dipendenze di Vittorio Adorni. La sua carriera inizia con il sogno di tutti: il Tour de France. È il 1965 e Felice Gimondi va in Francia per puntare, al massimo, alla maglia bianca di miglior giovane, fare esperienza e aiutare il suo capitano. Ma Adorni si ritira e i più grandi devono fare i conti con lui. Per il pretendente numero uno al successo, Raymond Poulidor, non c'è nulla da fare. Sul Mont Ventoux il francese attacca senza sosta quel ragazzino in Maglia Gialla che non molla mai. Nella cronometro di Versailles non c'è storia. Gimondi vince il Tour, il suo primo e unico Tour de France. E pensare che non avrebbe dovuto partecipare a quel Tour. Gli accordi con la squadra erano di fare un Giro d'Italia alla grande e basta. Ma in quel Giro arriva terzo e viene convocato per il Tour de France per sostituire un compagno, Fantinato, dolorante al ginocchio. Il resto è storia.
L'anno dopo il Tour, nel 1966, Gimondi si aggiudica anche la storica Parigi-Roubaix, conquistata con una coraggiosa fuga, per poi bissare alla Parigi-Bruxelles. In quest'ultima gara, si impone in volata davanti ad Eddy Merckx, quello che sarà il suo eterno rivale. Nello stesso anno, Gimondi brinda anche al Giro di Lombardia, confermandosi il miglior ciclista dell'anno.
Nel 1967 al grande appuntamento con il Giro d'Italia si fa trovare pronto, vincendo la classifica generale. Decisiva la penultima tappa, quella della Madonna del Ghisallo, dove Gimondi dà sfoggio ad una delle sue caratteristiche tecniche: l'attesa nel gruppo e l'attacco improvviso e calcolato ai fianchi dell'avversario in difficoltà. Il vecchio Jacques Anquetil, infatti, deve capitolare e il bergamasco si aggiudica la maglia rosa. Nello stesso anno uno degli episodi più tristi della sua carriera: la morte di Tom Simpson sul Mont Ventoux al Tour de France, un episodio che sconvolge l'intero mondo del ciclismo.
Dal 1965 al 1967 è lui il "Cannibale", poi arriva la cronometro del Giro di Catalogna dove perde per 33” da Merckx e capisce di essere al cospetto del più forte.
Nel 1968 si vince la Vuelta, in Spagna, ma al Giro d'Italia deve lasciare il passo a Merckx. Gimondi chiude l'anno con la maglia di campione italiano e con il sesto posto nel Mondiale di Imola. Tra i momenti più difficili della sua carriera c'è il caso del presunto doping di cui viene accusato e successivamente prosciolto, alla fine del 1968. Ultima tappa del Giro: Chieti-Napoli, una tappa senza storia. Classifica ormai definita: Gimondi terzo a oltre 9 minuti da Merckx e a più di 4 da Adorni. Come terzo in classifica viene sottoposto a controllo e tre giorni dopo viene annunciata la sua positività. Chiede le controanalisi, ma il giorno in cui si presenta ai laboratori dell’Acqua Acetosa, su suggerimento di due periti, assume le stesse sostanze non proibite che aveva utilizzato durante il Giro. Compie tre giri del circuito dell’Isola, nella pianura bergamasca, dietro la moto del massaggiatore Pirovano, per un totale di 120 chilometri a 55-58 all’ora. Poi, una doccia veloce e l’aereo da Linate per Roma. Lì si sottopone al prelievo delle urine alla presenza dei responsabili dell’antidoping e il risultato sono gli stessi picchi similari alla positività. Lampante la sua innocenza e, infatti, viene immediatamente prosciolto.
L'anno dopo, il duello con Merckx si rinnova sempre al giro italiano, ma questa volta Gimondi ha la meglio solo dopo la squalifica per doping del belga, che vincerà però l'anno successivo. Nel 1969, il corridore lombardo, riconoscendo di aver vinto soprattutto a causa delle sfortune del rivale, al momento della premiazione rifiuta di indossare la maglia rosa.
Il 1970 non è un anno fortunato per Felice Gimondi. Secondo al Giro d'Italia, dietro ad Eddy Merckx, secondo al Campionato Italiano dietro a Franco Bitossi, terzo ai Campionati del Mondo a Leicester, dietro al belga Jean-Pierre Monserè e al danese Leif Mortensen.
Il Campionato del Mondo di Mendrisio del 1971 vede opposti i soliti due, con vittoria ancora una volta del belga. Gimondi arriva secondo e qualcuno comincia a soprannominarlo "l'eterno secondo".
Eppure Gimondi, nonostante il "Cannibale" e nonostante i molti campioni in circolazione in quegli anni straordinari per il ciclismo mondiale, li batte tutti e su tutti i terreni. Tutte le sue vittorie entrano nella leggenda. È quanto accade a Barcellona, nel Mondiale del 1973. Per Gimondi, appena passato alla Bianchi-Campagnolo, non ci sono molte speranze, ha ormai 31 anni e oltre a Merckx ci sono in circolazione Freddy Maertens, Zoetemelk ed Ocaña. Quando si arriva al rettilineo finale tutti aspettano un duello in casa belga: Merckx contro Maertens. Ma questa volta il più forte è Felice Gimondi.
L'anno dopo, con la maglia di campione del mondo, vince la Milano-Sanremo.
Sono questi i suoi ultimi anni di attività, nei quali è forte la supremazia del rivale belga ma che, tra il 1976 e il 1978, gli consentono di togliersi ancora qualche soddisfazione.
Nel 1976 infatti, all'età di 34 anni, conquista il suo terzo successo al Giro d'Italia, forse il più bello perché nessuno pensava che Gimondi avesse ancora le forze per dominare una grande corsa a tappe. Nello stesso anno va a prendersi anche la sua seconda Parigi-Bruxelles.
Nel 1978 arriva la sua ultima gara da professionista, al Giro dell'Emilia. L'ultima sua apparizione da atleta, invece, risale all'anno dopo, nella "Sei Giorni".

Dopo il ritiro


Dagli anni '80 intraprende una valida carriera da dirigente.
Felice Gimondi è stato un campione che ha sempre combattuto fino all'ultimo metro, all'ultima salita, all'ultimo colpo di pedale contro il più forte di tutti i tempi, riuscendo spesso a mettergli la ruota davanti, a strappargli successi che sembravano ormai certi. Un campione che ha iniziato a vincere le grandi corse prima che il rivale entrasse in scena e che ha vinto quando ormai, il grande Merckx, non aveva più le forze per farlo. Non è un caso, infatti, se è uno dei soli sei corridori al mondo ad aver vinto Giro, Vuelta e Tour e se ancora oggi nessuno, al Giro d'Italia, è riuscito a battere il suo record: nove volte sul podio con tre primi, due secondi e quattro terzi posti.
Al giornalista Gianni Brera, che ne descrisse a lungo le imprese, si devono i due famosi soprannomi: "Felix de Mondi" e "Nuvola Rossa".

Soprannome


"Felix de Mondi" e "Nuvola Rossa"

Vedere anche


Sitografia


http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=2833&biografia=Felice+Gimondi
http://www.linkiesta.it/it/article/2012/09/29/felice-gimondi-compie-70-anni-il-momento-piu-triste-la-morte-di-pantan/9470/
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-05-12/felice-gimondi-non-si-arrendeva-mai-nemmeno-eddy-merckx-132632.shtml
http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=GIMONDI+Felice
http://www.bicibg.it/01news/dettaglio.asp?idN=8806