Norman Peter

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IMMAGINI

“Si nasce tutti uguali e con gli stessi diritti”, questa è la frase che pronunciò Peter Norman durante le Olimpiadi di Città del Messico del 1968 da sempre contrario alla politica discriminatoria del suo paese ma, purtroppo però, questo suo ideale lo portò alla rovina.

La carriera


Norman Peter nacque il 15 giugno 1942 a Melbourne, crebbe a Coburg Victorian dove lavorò nella bottega del padre come apprendista macellaio e, durante l’inverno, rimaneva in forma allenando la squadra di calcio occidentale di Brunwick. Praticava l’atletica e andava forte l’australiano, divenne per ben cinque volte campione nazionale sui 200 metri piani. Il ragazzo prometteva bene. A 25 anni si qualificò per le Olimpiadi di Città del Messico. Da qui la storia si trasforma. Quella che sembrava essere la vita di un ragazzo prodigio dell’atletica, di colpo, cambiò rotta. Il 17 ottobre 1968 accade l’inaudito. Peter Norman riuscì a conquistare la finale sui 200 metri piani. Nessuno sa che si sta per scrivere un pezzo di storia mondiale sui diritti umani. I due neri Carlos e Smith partirono velocissimi, staccarono il gruppo dei più. Probabilmente Carlos partì troppo forte e rallentò la falcata. Fu a quel punto che Peter Norman entrò in gioco. Lo superò e riuscì ad arrivare secondo con il tempo di 20’’ 06, ancora record australiano. Da questo momento la sorte dei tre uomini fu comune. Durante la cerimonia di premiazione i due eri indossarono guanti neri e ritirarono le medaglie a piedi scalzi. L’uomo bianco sulla sinistra, vedendo la foto, rimane quasi come una sagoma, ma anche lui emotivamente stava partecipando all’evento. Indossava infatti il simbolo del POHR (associazione fondata da Harry Edwads promotore dei diritti umani) sulla giacca durante la cerimonia. L’Australia non gli perdonò questo gesto poiché l’atleta andò contro la politica discriminatoria australiana che, pur essendo stata revocata da tempo, era ancora implicita nel paese. I tre vennero cacciati dal villaggio Olimpico. I due americani però erano appoggiati dal resto della comunità, Norman fu lasciato solo contro un paese ancora troppo razzista. E infatti l’australiano ebbe la peggio. Diventò uno sconosciuto per tutto il mondo Norman. Un appestato. Continuò comunque la sua battaglia per i diritti umani da solo; un uomo solo però è debole. Non lasciò però la sua atletica, si qualificò nuovamente sui 100 e 200 metri piani per le Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972. L’Australia però non gli permise di partire. Non lo ritenne degno del compito. Preferì non inviare nessun velocista in quell’occasione piuttosto che mandare lui. A causa di ciò, lasciò l’atletica a livello agonistico pur continuandosi ad allenare in modo amatoriale. Addirittura non venne invitato a partecipare alla manifestazione delle Olimpiadi di Sidney nel 2000. Nel frattempo Peter Norman trovò lavoro come insegnante di ginnastica a Victorian presso il Dipartimento di sport e tempo libero. Il 17 ottobre 2003 venne invitato a San Jose state University poiché venne eretta una statua in memoria della Olimpiade di quell’ormai lontano 1968. Il secondo posto della statua è stato lasciato vuoto,ancora una volta il velocista venne dimenticato dal mondo, ma Norman venne chiamato per tenere un discorso durante la cerimonia di inaugurazione della stessa.

La morte


Morì all’età di 64 anni a causa di un infarto dovuto all’abuso di alcol il 3 ottobre 2006 a Williamstown. I due compagni americani lo accompagnarono durante il suo ultimo viaggio portandolo in spalla fuori dalla chiesa. Dopo la morte dell’atleta australiano,la federazione di atletica statunitense proclamò il 9 ottobre 2006 il Peter Norman Day in memoria del grande uomo, sostenitore dei diritti umani. La sua storia fu raccontata dal regista e nipote dell’atleta Matt Norman nel 2009. Solo nel 2012 il parlamento australiano si scusò con la famiglia dell’atleta riconoscendo il coraggio avuto da Peter nell’indossare il simbolo del progetto olimpico per i diritti umani sul podio in solidarietà con i due compagni statunitensi.

Sitografia


  • Wikipedia
  • La Repubblica.it (articolo di Giovanni Mura)