Romashkova Nina

Da Wikisport.
Jump to navigation Jump to search

IMMAGINI

Suo padre, Apollon, era un artista e figlio di un ecclesiastico; la mamma, Anna, era figlia di un contadino cosiddetto “kulak”: preti e piccoli proprietari di campagna erano fra le principali categorie sociali contro cui si abbatterono le persecuzioni di Stalin. Nel 1936 la famiglia fu rilasciata e trasferita a Yassentucki, nella regione caucasica, dove visse sotto l’occupazione nazista durante la seconda guerra mondiale. Conclusi tempi bui, Nina si avvicinò all’atletica, dapprima in gare di corsa. Iniziò a frequentare l’istituto pedagogico Stavropol, per specializzarsi in una sorta di scienze motorie e fu a quel punto che prese per la prima volta in mano il disco, che cambiò il suo destino: la vittoria ai campionati regionali del 1948 la proiettò nell’eccellenza nazionale, sì da farle ottenere l’anno dopo il terzo posto nel campionato sovietico. In tre anni da quel momento divenne la migliore atleta sovietica della specialità. Nel 1949 Nina fu terza ai campionati sovietici e iniziò ad allenarla l'esperto Dmitrij Markov. Sposata e divorziata due volte, lascia un figlio nato dal secondo matrimonio e tre nipoti.

CARRIERA

Nel 1951 fu campionessa, vincendo il titolo per gli otto anni consecutivi. Era diventata la numero uno della specialità e in quella veste si presentò all’Olimpiade di Helsinki, dove per la prima volta nella storia era in gara la rappresentativa sovietica, che fino a quel momento si era tenuta lontana dai Giochi evitando perfino di costituire un comitato olimpico. E fu proprio lei, la figlia di due deportati di Stalin, la prima storica medaglia d’oro in ordine di tempo dell’Urss: ne sarebbero seguite 394 estive e 78 invernali, fino alla dissoluzione della stessa Unione. Questo oro fu il primo della storia dell'Unione Sovietica. Quello storico pomeriggio Nina distrusse il precedente record olimpico di Gisela Mauermayer, risalente al 1936, con la misura di 51.42, precedendo due connazionali per un podio tutto sovietico: Bragyantseva (47,08) e Dumbadze (46,29). Quell’esordio trionfale mandò in orbita la carriera sportiva di Nina, che un mese dopo, nel meeting di Odessa, ottenne anche il record del mondo. Ai Giochi del 1956 Romaškova vinse la medaglia di bronzo, mentre quattro anni più tardi, a Roma, conquistò il suo secondo alloro olimpico; ma grossi guai erano all’orizzonte e si materializzarono quattro anni dopo, in un grande magazzino di Londra, dove la nazionale sovietica di atletica si trovava per un confronto con quella inglese. Due agenti della sicurezza, testimoniarono che la Ponomareva, che aveva attirato la loro attenzione con atteggiamento furtivo, aveva infilato un cappello nella manica del cappotto e ne aveva nascosti altri quattro tra due sacchetti di carta che aveva con lei. Fu fermata e presa in custodia con l’obbligo di comparire in tribunale il giorno seguente. La cosa non avvenne e Nina scomparve. Il responsabile della squadra sovietica accusò gli inglesi di “una sporca provocazione attuata minacciando una nostra nota atleta” e ritirò la squadra dalla gara. Corse il rischio di cancellazione anche una tournee da tempo pianificata della celebre compagnia di balletto Bolshoi al Covent Garden, perché la etoile Galina Ulanova ed altri suoi colleghi scrissero in una lettera che temevano ritorsioni inglesi se fossero andati a Londra. La Ponomareva rimase per oltre un mese con un mandato di cattura pendente: si ritiene che durante quel periodo si fosse rifugiata nell’ambasciata sovietica. La Ponomareva ricomparve presso la Corte a Marlborough Street, dichiarandosi non colpevole. Fu giudicata colpevole e lasciata libera dopo aver pagato una multa. Il suo nome divenne presto un simbolo in Gran Bretagna. La carriera della discobola non soffrì di questa disavventura. Nel 1955 Nina si era laureata e nel 1957 era stata premiata con l’Ordine della Stella Rossa del Lavoro, che onorava i servizi dei cittadini sovietici in campi non militari. Gareggiò anche ai Giochi di Tokyo 1964, dove si classificò undicesima e si ritirò nel 1966. Mise poi a frutto carriera e studi diventando allenatrice a Kiev delle più promettenti speranze sovietiche.

FONTI