Braglia Alberto

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IMMAGINI

La ginnastica


La ginnastica in tutte le epoche storiche ha avuto sempre la sua importanza; basti pensare al ruolo che ebbe sia nell'antica Grecia e che presso i Romani. Era così importante da essere praticata dai soldati per tenersi in forma prima di andare in battaglia. Nel corso dei secoli è stata considerata un vero e proprio sport che consiste in sequenze di movimenti, i quali richiedono forza, elasticità ed abilità cinetiche (la cosiddetta coordinazione).

Alberto Braglia


La ginnastica a livello olimpionico si divide in: trampolino elastico, ritmica ed artistica di cui uno dei più grandi ed indimenticabili campioni del secolo scorso è stato senza dubbio Alberto Braglia. [1]

Carriera


Nato a Campogalliano, in provincia di Modena, il 23 marzo 1883, Albero Braglia si appassionò sin da piccolo alla ginnastica, tanto che si allenò da autodidatta nel fienile di casa sua. Fu proprio il fienile ad essere la sua prima palestra. Braglia partecipò anche ai Giochi Intermedi del 1906 svolti ad Atene e organizzati per celebrare il decennale delle prime Olimpiadi moderne. Qui Alberto riuscì a conquistare due medaglie d'argento nel concorso generale a cinque e a sei specialità, anche se queste medaglie però non rientrano nel medagliere olimpico in quanto quei giochi non furono riconosciuti come olimpiadi dal C.I.O (Comitato Internazionale Olimpico). Alle Olimpiadi di Londra del 1908 Alberto Braglia si dimostrò come il migliore ginnasta in assoluto, e riuscendo ad imporsi sugli avversari, ottenne una sola medaglia d'oro, quella del concorso completo individuale, nonostante avesse primeggiato in tutte e sette le specialità, poiché (purtroppo per lui), a quelle Olimpiadi ci fu una riduzione del programma e vennero assegnati solo due titoli nella ginnastica, uno per il concorso individuale completo (heptathlon) e uno a squadre. La sua specialità fu nel "cavallo a maniglie", in cui rasentò la perfezione (anche se a detta di molti sembrava essere infallibile nel volteggio). Proprio perché il suo fisico esprimeva sia la perfezione assoluta che una grande forza e tenacia, Braglia riusciva a competere addirittura con atleti fisicamente più grandi. Ciò gli diede molto onore nella sua carriera sportiva tanto che, al suo ritorno da Londra, si mosse pure il re Vittorio Emanuele, il quale dopo averlo abbracciato gli regalò una ulteriore medaglia d'oro proprio perché compiaciuto davanti a quella figura esile, capace di soggiogare i giganti. Dopo le Olimpiadi, iniziò un periodo molto travagliato per Braglia, colpito da una serie di problemi personali: primo fra tutti la mancanza di un lavoro che lo indussero ad iniziare una serie di esibizioni pubbliche, portandolo così alla qualifica di professionista ma anche all'espulsione dal movimento olimpico a scelta della F.I.G (Federazione Italiana di Ginnastica). A tutto ciò si aggiunse anche una tragedia familiare, la morte del figlioletto di quattro anni, che fece entrare Braglia in un profondo esaurimento nervoso. Per fortuna riuscì a riprendersi, ottenendo lo status di dilettante appena in tempo per partecipare alle Olimpiadi di Stoccolma 1912 dove difese e confermò il suo titolo olimpico nel concorso individuale, e guidò la squadra italiana alla medaglia d'oro nel concorso a squadre. Fu amato, stimato, quasi mai battuto. Era troppo grande la sua classe. La ginnastica, però, non gli garantì agiatezza per il resto della vita. Fu istruttore federale della squadra italiana di ginnastica ai Giochi di Los Angeles del '32, nei quali gli azzurri sbaragliarono il campo. Fu l'ultimo evento di successo di una carriera straordinaria. Tornò alla Panaro, la storica società modenese, ma il suo sport non gli regalava più emozioni. Era iniziato il suo lento declino.

Dopo il ritiro


A metà degli anni Venti dopo un'esperienza negli Stati Uniti, Alberto Braglia ritornò in Italia, ma alcune scelte sbagliate e la guerra lo ridussero alla povertà: per sopravvivere fece l'acrobata nello show circense "Fortunello e Cirillino", dove si esibiva con un bambino in numeri che ne mettevano in luce l'abilità muscolare; in seguito fu barista, poi il bidello presso la palestra di una scuola modenese a lui stesso intitolata. Morì nel '54, quasi in miseria, circostanza capitata a molti altri straordinari atleti.

Vedere anche